sabato 21 luglio 2018

Eh, no! Ci risiamo con l'"adottofobia"...

Un articolo così superficiale...

http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/07/16/news/vercelli_non_era_un_incidente_domestico_figlio_uccide_la_madre_adottiva-201918728/?ref=search

...non poteva non stuzzicarmi! Quindi, reagisco.




Egregio signor Direttore,
premetto che non sono un lettore del giornale che Lei dirige ma confido nel fatto che – quantomeno per onestà intellettuale - questa mia non venga cestinata alla terza riga...

Navigando in rete sono incappato in un “curioso” articolo a firma Erica Di Blasi apparso sul quotidiano il 16 luglio scorso – articolo che mi ha posto delle domande e fatto riflettere.


“Figlio uccide la madre adottiva”.
Non posso non notare che la reale causa scatenante il fatto di cronaca (la dipendenza dal gioco d'azzardo) viene quasi “bypassata” mentre il concetto che fosse figlio adottivo viene più volte ribadito, nel pur breve articolo, cosa stupefacente in considerazione della laurea giuridica della giornalista.
Adottivo e per di più extracomunitario – aspetto non certo trascurabile, in un periodo di polemiche su sbarchi, clandestini eccetera.


Chi Le scrive è padre, casualmente adottivo, per di più adozione internazionale, ma reputo la cosa decisamente irrilevante; sono, piuttosto, scioccato da quanto letto.


L'Ente che mi ha condotto per mano all'adozione ha concluso, in meno di 40 anni, più di 5.000 adozioni... 5.000 potenziali matricidi, secondo la dott.ssa Di Blasi?
Se consideriamo il numero degli Enti operanti in Italia, il numero dei potenziali assassini cresce a dismisura. Se poi aggiungiamo le adozioni nazionali (probabilmente “meno a rischio” proprio perché non coinvolgono extracomunitari) c'è da avere paura.

Rilegga l'articolo della Sua collaboratrice, non potrà non notare che può facilmente portare a un giudizio negativo più nei confronti dell'adozione che non di quella piaga sociale denominata “azzardopatia”, vera causa del matricidio.


Pubblicherò questa lettera sul mio blog, così che i molti amici genitori (senza ulteriori aggettivi qualificativi) mi potranno segnalare (oltre alle loro) anche eventuali ulteriori riflessioni Sue e della giornalista; non me la sento di lasciarmi passare sulla testa quello che reputo un pessimo tentativo di “colorare” una notizia malgrado il rischio di creare una mentalità di diffidenza verso l'istituto dell'adozione.


Con la speranza che eventuali strascichi del triste fatto non comportino la pubblicazione di ulteriori articoli con la medesima ottica distorta (nel senso etimologico del termine), Le auguro una buona giornata


M.B. (lettera firmata)



PS: nel caso, la prego di sottolineare che Lei il mio nome lo conosce, che la mia non è una lettera anonima ma firmata; non ho paura, semplicemente desidero tutelare la privacy di mio figlio. Per lo stesso motivo chiedo non venga nominato il mio Ente, il CIFA di Torino.

Cordialmente, Marco Biella – Milano.







sabato 14 luglio 2018

Qualcosa che piace...

Piace
scoprire di avere
un fratello
(peraltro più giovane di 7 anni)
che si pre-occupa di te.

 Non te le manda a dire,
capisce che hai un problema
e si attiva,
non ti lascia tranquillo,
non ti lascia spazio per cadere nel tuo baratro,
ti accompagna, ti sorregge,
e - quando serve - ti appiccica al muro.

Non fosse così,  
non sarebbe un fratello,
non sarebbe mio fratello.