http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/07/16/news/vercelli_non_era_un_incidente_domestico_figlio_uccide_la_madre_adottiva-201918728/?ref=search
...non poteva non stuzzicarmi! Quindi, reagisco.
Egregio signor Direttore,
premetto che non sono un
lettore del giornale che Lei dirige ma confido nel fatto che –
quantomeno per onestà intellettuale - questa mia non venga
cestinata alla terza riga...
Navigando in rete sono
incappato in un “curioso” articolo a firma Erica Di Blasi apparso
sul quotidiano il 16 luglio scorso – articolo che mi ha posto delle
domande e fatto riflettere.
“Figlio uccide la madre
adottiva”.
Non posso non notare che
la reale causa scatenante il fatto di cronaca (la dipendenza dal
gioco d'azzardo) viene quasi “bypassata” mentre il concetto che
fosse figlio adottivo viene più volte ribadito, nel pur breve
articolo, cosa stupefacente in considerazione della laurea giuridica
della giornalista.Adottivo e per di più extracomunitario – aspetto non certo trascurabile, in un periodo di polemiche su sbarchi, clandestini eccetera.
Chi Le scrive è padre,
casualmente adottivo, per di più adozione internazionale, ma reputo
la cosa decisamente irrilevante; sono, piuttosto, scioccato da quanto
letto.
L'Ente che mi ha condotto
per mano all'adozione ha concluso, in meno di 40 anni, più di 5.000
adozioni... 5.000 potenziali matricidi, secondo la dott.ssa Di Blasi?
Se consideriamo il numero
degli Enti operanti in Italia, il numero dei potenziali assassini
cresce a dismisura. Se poi aggiungiamo le adozioni nazionali
(probabilmente “meno a rischio” proprio perché non coinvolgono
extracomunitari) c'è da avere paura.
Rilegga l'articolo della
Sua collaboratrice, non potrà non notare che può facilmente portare
a un giudizio negativo più nei confronti dell'adozione che non di
quella piaga sociale denominata “azzardopatia”, vera causa del
matricidio.
Pubblicherò questa
lettera sul mio blog, così che i molti amici genitori (senza
ulteriori aggettivi qualificativi) mi potranno segnalare (oltre alle
loro) anche eventuali ulteriori riflessioni Sue e della giornalista;
non me la sento di lasciarmi passare sulla testa quello che reputo un
pessimo tentativo di “colorare” una notizia malgrado il rischio
di creare una mentalità di diffidenza verso l'istituto
dell'adozione.
Con la speranza che
eventuali strascichi del triste fatto non comportino la pubblicazione
di ulteriori articoli con la medesima ottica distorta (nel senso
etimologico del termine), Le auguro una buona giornata
M.B. (lettera firmata)
PS: nel caso, la prego di
sottolineare che Lei il mio nome lo conosce, che la mia non è una
lettera anonima ma firmata; non ho paura, semplicemente desidero
tutelare la privacy di mio figlio. Per lo stesso motivo chiedo non
venga nominato il mio Ente, il CIFA di Torino.
Cordialmente, Marco
Biella – Milano.